Dopo aver partecipato al “Caffè di Partner 24 ORE” di mercoledì 9 settembre scorso, sono rimasto molto colpito da un intervento di uno dei partner che poneva il cliente come elemento centrale dell’azione degli studi professionali.

Al cliente, ho compreso tra le righe, si fornisce il servizio migliore, nei tempi più brevi possibili, anche quando questi sono irragionevoli e fuori controllo. Potremmo dire che:

“Il cliente – o il capo, o chi ha “potere” – ha sempre ragione”.

Gli ultra quarantenni, come me, sono cresciuti in un contesto culturale che non sapeva ben distinguere la differenza tra autorità e autoritarismo; ed è da questo grande trappolone che nascono i luoghi comuni per i quali chi “comanda” (sia esso il papà, il prof, il boss, e quando è uomo peggio mi sento), ha ragione. SEMPRE. Noi poveri ragazzetti appartenenti alla generazione X, ahimè cresciuti, siamo venuti su con questa confusione e con un senso del dovere e dell’obbedienza un tantinello distorti.

Poi, appunto, si diventa grandi e si intuisce che una autorità non può fare quello che gli pare con noi. Un padre non può volerci a sua immagine e somiglianza, un insegnante non può vomitarci nozioni e informazioni e pretendere che ci appassioniamo alla sua materia o allo studio in generale, un capo non può trattarci come la pedina di una sua scacchiera, della quale ha fatto il suo regno di potere, un cliente non può comandarci a bacchetta e pretendere tutto e subito, a volte anche oltre le regole consentite.

Proviamo a traslare tutto in ambito lavorativo. In vent’anni di carriera sono stato tante volte “sottoposto” (che parolaccia indecente) e alcune volte capo (anche questa lo è, perché fa sorgere spontanea la domanda: “Ma capo di cosa?” …sssh! Zitti là in fondo che la risposta la conosciamo tutti!).

Mi soffermo sulla figura del capo, perché è lui che gestisce il cliente e ne orienta i comportamenti. Perché è il capo che diffonde una cultura di gestione del cliente, dei progetti, dei processi, degli ambienti alle sue persone.